DE ROSSI E IL DISASTRO DEGLI AMERICAN BOYS NEL CALCIO ITALIANO

La Roma non è un caso isolato. Zero pianificazione, zero lungimiranza, strategie non intelligibili, tifoserie allibite, calciatori spaesati. La logica sembra quella del tutto e subito. Metto dollari e ho risultati ma non funziona così. La famiglia Franklin non lesina spese: 140 milioni investiti sul mercato quest’anno. Pesante l’investimento per arruolare Mourinho la scorsa stagione. Ieri come oggi pochi i risultati e tanta la confusione. Significativo che i pieni poteri siano stati affidati ad una donna manager Lina SoulouKou. Nel vuoto di Trigoria la sua posizione è andata in linea di rotta con DDR (l’esonero dopo uno scontro verbale tra i due). Da aggiungere i pessimi della proprietà con stampa e tifosi più che perplessi sul sostituto di De Rossi: l’ex torinista Juric. Ma Roma non è un caso isolato.

A Milano, sponda rossonera, la situazione paradossalmente è ancora peggiore. Qui la proprietà americana appartiene a Fondi finanziari. Gli investimenti ci sono ma in una logica di profitto. Vendita di top player (vedi Tonali) e acquisti di giocatori più o meno affermati. Strategie confuse sulla guida tecnica (da Pioli a Fonseca) e dubbi sull’effettivo ruolo di Ibra. Con l’ossessione nuovo stadio necessario più alla proprietà per il business che ai tifosi.

Anche l’Inter dove già c’è chi rimpiange Steven Zhang, presidente più scudettato dopo Massimo Moratti, cominciano gli scricchioli testimoniati da una compagna acquisti fantasma. I giocatori arrivati in nerazzurro questa estate (Taremi, Zelinsky) sono un lascito dei cinesi. Il diktat di Oaktree di acquistare giocatori giovani da valorizzare per poi rivenderli non promette nulla di buono e comunque non è una filosofia da grande squadra.

Anche la Fiorentina americana fatica. Qui c’è un investitore italo americano, Rocco Commisso passato nel 2019 da essere socio di maggioranza dei New York Cosmos a Presidente dei viola. Commisso contesta (a torto o a ragione) il piccolo mondo antico del calcio nostrano. La sua visione del calcio appare troppo “visionaria” alle nostre latitudini e i risultati mancano.

Anche altre proprietà statunitensi preoccupano i tifosi. Il Venezia non sembra aver attrezzato una squadra per la serie A e ha iniziato malissimo il suo campionato. Qualche speranza da Bologna e Parma, il canadese Joey Saputo (grazie a Motta) ha portato la squadra in Champions mentre Kyle Krause (arrivato dagli States nel 2020) ha riportato i ducali in serie A. Da vedere se entrambe le società riusciranno a mantenersi all’altezza delle aspettative che hanno creato. Ma sono tempi duri per gli American boys sbarcati in Italia e soprattutto per i tifosi delle squadre “made in USA”.

Che gli Stati Uniti non godano buona salute è dimostrato dalle imminenti elezioni USA con due improbabili candidati in uno scenario da guerra civile. Venendo al microcosmo del calcio nostrano le proprietà a stelle strisce non si stanno distinguendo per particolari meriti. Anzi. La vicenda di Daniele De Rossi è solo l’ultimo esempio. Più che di problemi tecnici sembra proprio che il modello imprenditoriale americano mal si concili con usi e costumi del calcio in generale e di quello italiano in particolare.

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